Martedì 27 luglio – Le quattro volte

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regia di Michelangelo Frammartino

– Ospite della serata: Michelangelo Frammartino

 

 

In un piccolo paese della Calabria si intrecciano tre storie: gli ultimi giorni di vita di un vecchio pastore che crede di curarsi sciogliendo nellacqua la polvere del pavimento di una chiesa; la nascita e linizio dellesistenza di una capra; labbattimento di un vecchio abete mutilato nel corso degli anni dai carbonai.

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Un film arcaico diverso da tutti, bello, che aiuta a contemplare il mondo con sguardo libero e consapevole del legame che unisce tutte le creature (o le materie) viventi.

da La Stampa

La sfida di Frammartino è quella del cinema, è lì che passa il sentimento, la spiritualità, la storia. Le sue immagini «documentano», filmano la realtà nel dettaglio e nell’imprevisto, nel flusso dell’esistenza di ogni essere vivente. E inventano una dimensione personale, sono segrete, narrano un mistero. È questa la loro potenza, è qui che riescono a divaricare lo sguardo dello spettatore, a sorprenderlo per condurlo altrove. Il loro è infatti un orizzonte aperto, che non offre spiegazioni teleguidate e neppure impone una lettura prioritaria. Regala invece un fuoricampo di meraviglia, pensiero, dolcezza. Andatelo a vedere questo film, e fate passaparola perché sorprendersi oggi è sempre una bella cosa.

da Il Manifesto

L’anima trasmigra da un contenitore esteriore all’altro e la regia di Frammartino più che testimoniarne il passaggio, diventa occhio intermediario tra la materia inquadrata e la forma che essa prende nel trasformarsi. Cinema senza protagonisti e protagonismi, rigoroso rispetto al canone estetico di purezza di sguardo […] Imperdibile.

da Liberazione

Quasi quattro film in uno, ma coagulati intorno a una teoria attribuita a Pitagora (nell’uomo si riassumono i quattro “regni”, fino al vegetale) e tutti girati in Calabria. Accurato nelle immagini e nei suoni, un film ieratico nel solco del cinema di Franco Piavoli e di pochissimi altri.

Roberto Nepoti  la Repubblica

Un film senza parole ma pieno di voci, quelle di una natura misteriosa e poetica, dove luomo non è più al centro ma conta come il resto, la capretta, lalbero, il sasso. Tutto è attraversato dalla stessa anima, tutto fluisce e si confonde.

Giuseppina Manin  Corriere della Sera