Domenica 22 luglio – Il primo uomo

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Regia e sceneggiatura Gianni Amelio
Fotografia Yves Cape
Montaggio Carlo Simeoni
Scenografia Arnaud de Moléron
Costumi Patricia Colin
Musica Franco Piersanti
Con Jacques Gamblin, Maya Sansa, Catherine Sola, Nino Jouglet, Denis Podalydès, Nicolas Giraud, Ulla Baugué
Durata 98 minuti
Distribuzione 01

– Ospiti della serata: Gianni Amelio e alcuni attori del cast

 

 

il_primo_uomo_1Anni Cinquanta: nel pieno della lotta per lindipendenza dalla Francia, lo scrittore Jacques Cormery torna in Algeria per tenere una conferenza e visitare lanziana madre. Assalito dai ricordi dellinfanzia, sarà obbligato a confrontarsi con il problema delle origini e a riconsiderare la propria posizione nel conflitto tra pubblico e privato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Integrandosi con pudore nel transfert autobiografico dello scrittore, Amelio insegue i più segreti palpiti dellalter ego Jacques che torna nella natia Algeria sconvolta dalla guerra anti-francese. Siamo negli anni Cinquanta, ma il protagonista si ritrova a rivivere, grazie agli incontri con la madre e il vecchio maestro, le tappe della propria adolescenza. Il primo uomo è un film di notevole e algida purezza, aderente alle inquadrature fino al minimo dettaglio, denso di sentimenti forti che, proprio a causa dellintrinseco rigore, non sconfinano mai in sentimentalismo. Amelio sfaccetta continuamente i piani emotivi e politici valorizzando limportanza della memoria collettiva, ma rendendola inscindibile da quella individuale e dialettica.

Valerio Caprara, Il Mattino, 20 aprile 2012

La seduzione gentile di questo film comincia fin dalle prime immagini, che hanno le caratteristiche tipiche del cinema di Amelio: la semplicità, che vuol dire leliminazione scientifica (o meglio, emozionale) di tutti gli ingombri, siano essi nella recitazione, nei dialoghi, nelle scenografie, nei costumi; e la lentezza, che per Amelio è la volontà di impedire allo spettatore di correre in avanti, e di costringerlo amorevolmente a notare ogni dettaglio di ogni singola inquadratura, voltandosi spesso indietro.

Paola Casella, Europa, 21 aprile 2012

Amelio si è appassionato al testo di Camus perché vi ha ritrovato se stesso. NellAlgeria lontana, fuggita ma rimasta nel cuore, in quelle due donne semplici e forti, nonna e madre, nellassenza di un padre non conosciuto (nel suo caso perché emigrato), nel potere di emancipazione dello studio, Amelio rivede la propria storia e il proprio percorso. E ne risulta qualcosa di raro. […] È il contrario di un diligente allestimento letterario, malgrado la sua caratteristica dimpegnativa e ricercata ricostruzione depoca e in costume, è un lavoro molto personale e molto autoriale.

Paolo DAgostini, la Repubblica, 17 aprile 2012

Perché, adattando Il primo uomo di Camus, il regista Gianni Amelio (responsabile anche della sceneggiatura) dà limpressione di aver raggelato una materia che sulla carta è invece emotivamente incandescente? […] Di fronte a una materia così incandescente – per Camus ma anche per Amelio – il regista italiano ha scelto la strada dellessenzialità, della decantazione, della mente prima del cuore, […] di chi cerca le parole e non le lacrime. Di chi vuole far capire e non solo raccontare.

Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 17 aprile 2012

Un libro per due vite. Amelio legge Il primo uomo e ritrova se stesso. Rara quanto sconvolgente, la scoperta si è fatta film. Un lavoro complesso, delicato e controverso. Ma soprattutto unautobiografia al quadrato di preziosa fattura ancorché imperfetta perché veicolo «di un sentimento, più che narrazione di fatti». Camus non ha intimorito Amelio, che anzi lha rigenerato facendosi ispirare dal senso attuale di una vicenda individuale senza tempo.

Anna Maria Pasetti, il Fatto Quotidiano, 19 aprile 2012

Il cinema di Amelio (almeno da Il ladro di bambini in poi) è sempre stato cinema di viaggio, di momenti e movimenti, stasi e cambiamenti, furore e consapevolezza. Allora Il primo uomo di Camus si confonde con luomo, spesso evangelicamente lultimo, di Amelio: un individuo impegnato a ripercorrere la propria origine (molti dei dialoghi fra il bambino e la madre, a detta dello stesso autore, sono ispirati a suoi ricordi dinfanzia nella Calabria degli anni Cinquanta), il suo rapporto con il mondo adulto, la famiglia, il bene e il male. Il film di Amelio, che si conferma magistrale direttore di bambini, è quello che ci racconta linfanzia dello scrittore Jacques Cormery (esilissimo alter ego di Camus), con le sue crisi e le sue catarsi, i piccoli shock e gli snodi fondamentali di crescita.

Fabio Vittorini, duellanti, n. 77, luglio 2012