Domenica 12 agosto – La terra dell’abbastanza

abbastanza

regia Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo

con Andrea Carpenzano, Matteo Olivetti, Milena Mancini, Max Tortora, Luca Zingaretti

Italia 2018

Sceneggiatura Damiano D’Innocenzo, Fabio D’Innocenzo
Fotografia Paolo Carnera
Montaggio Marco Spoletini
Scenografia Paolo Bonfini
Costumi Massimo Cantini Parrini
Musica Toni Bruna
Durata 96 minuti
Distribuzione Adler Entertainment

 

– Ospiti della serata i registi Damiano e Fabio D’Innocenzo

abbastanza

Mirko e Manolo sono due giovani amici della periferia romana: due bravi ragazzi finché una sera, guidando, non investono un uomo e decidono di scappare. Paradossalmente la tragedia si trasforma in un colpo di fortuna quando si viene a sapere che il morto è il pentito di un clan criminale di zona. Facendolo involontariamente fuori i due ragazzi si sono guadagnati un ruolo dentro l’organizzazione criminale.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un piccolo capolavoro. Ho avuto occasione di vedere La terra dell’abbastanza, il film di due fratelli romani non ancora trentenni, Damiano e Fabio D’Innocenzo, che è stato presentato a Berlino dove, mi pare, non ha vinto un bel niente. Ormai è una consuetudine, le giurie dei festival e dei premi sono una delle iatture del cinema di questi anni, miscellanee corporative più attente alla superficie, alla moda, ai poteri, piuttosto che alla qualità. Mi è sembrato un film assai bello, un film sorprendente. Spero che trovi presto un distributore e possa esser visto da tutti, soprattutto dai pigri spettatori di oggi, non tanto quelli della terza età che ancora vanno nelle sale, piuttosto rintronati, quanto dai giovani, che spesso – non sempre, per fortuna – sono tali solo per l’anagrafe e agiscono da infanti prigionieri della ragnatela di internet. L’ultima scena del film vede a confronto il padre dell’uno e la madre dell’altro: la vita continua, in un “abbastanza” (“quello che c’è” è l’ultima battuta, riferita a cosa la donna darà da mangiare alla sorellina del ragazzo morto) che rinvia alla precarietà dell’insieme, all’amoralità del contesto (bravi anche nel dirigere gli attori, professionisti o nuovi, i D’Innocenzo ne lanciano due notevolissimi, specialmente Matteo Olivetti, che ha la forza di un Marinelli o di un Liberati). Il film dei D’Innocenzo non è però importante solo per il ritratto che dà del nostro tempo e della sua più intima precarietà, malvagità, miseria: è importante per il modo in cui lo fa. In sostanza, nel giovane cinema italiano – che è a ben vedere straordinario, e ben al di sopra di quel che il sistema culturale e politico del paese merita di avere – i fratelli D’Innocenzo si distinguono per la loro alta e imprevista professionalità, e aprono o precisano un modo di raccontare e raccontarci che è forse il più difficile, oggi, da frequentare.

Goffredo Fofi, Internazionale