Giovedì 16 agosto – Novecento Atto secondo

900 2

regia Bernardo Bertolucci

con Robert De Niro, Gérard Depardieu, Donald Sutherland

Italia 1976

Sceneggiatura Bernardo Bertolucci Franco Arcalli Giuseppe Bertolucci
Fotografia Vittorio Storaro
Montaggio Franco Arcalli
Scenografia Ezio Frigerio, Gianni Quaranta
Costumi Gitt Magrini
Musica Ennio Morricone
Durata 146
Distribuzione Il cinema ritrovato – Cineteca di Bologna

Versione restaurata dalla Cineteca di Bologna

locandina novecento

Prosegue la storia parallela della famiglia borghese dei proprietari terrieri Berlinghieri e di quella contadina dei Dalcò. Dopo l’estate dell’infanzia e dell’adolescenza giunge l’autunno e l’inverno dell’ascesa e caduta del fascismo. Quindi la primavera della rivoluzione promessa, poi negata. È l’epopea della lotta di classe che agisce come motore dialettico delle cose, delle classi e degli uomini.

 

 

 

 

 

 

 

 

Con questo suo kolossal leggero e aspro, così poco ingombrante e macchinoso, Bertolucci prova a trasfigurare criticamente i motivi della propria autobiografia culturale: Novecento è il suo Teatrino privato (il grande che si fa piccolo per rappresentare il mondo) dove egli può emulare il fare anima di Jean Renoir, ed è pure la Stanza da letto del poema paterno nella cui rêverie può sprofondare per condividerne risonanze, riferimenti, richiami. Il cinema rimane per lui il medium primario attraverso il quale è possibile elaborare la memoria e i piaceri delle proprie passioni estetiche; ed è l’unico scenario di ogni rappresentazione possibile, dove si anima la verticalità eversiva di modi e oggetti letterari, teatrali, musicali, pittorici che si vogliono mettere concettualmente in discussione, per affermarne o liquidarne il senso. In Novecento questa lucida quanto sentimentale intenzionalità moderatamente sovversiva si esprime, da un lato, attraverso un netto rifiuto di ogni convenzionalità spettacolare a dispetto delle esigenze dettate dal cospicuo budget produttivo (un anno di lavorazione, divi internazionali, équipe tecnica altamente specializzata); e dall’altro lato, attraverso la rinuncia a una certa enfasi locutoria propria del “nuovo cinema” degli anni Sessanta (il cinema delle “bestie da stile” che era quello, intellettuale e straniato, della “retorica metalinguistica”), a favore della règle du jeu di un fare cinema empatico (all’americana) in grado di agganciare emotivamente lo spettatore con il piacere dell’artificio che si dichiara tale per mezzo di un’innocente esibizione della tecnica.

Umberto Cantone www.doppiozero.com