Venerdì 2 agosto – Il testimone invisibile

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Italia 2018
Regia Stefano Mordini
Sceneggiatura Stefano Mordini, Massimiliano Catoni
con
Riccardo Scamarcio, Miriam Leone, Fabrizio Bentivoglio
Fotografia Gigi Martinucci
Montaggio Massimo Fiocchi
Scenografia Paolo Bonfini
Costumi Massimo Cantini Parrini
Musica Fabio Barovero
Durata 102 minuti
Distribuzione Warner Bros. Pictures

Ospite della serata
l’attrice Miriam Leone

Trama

Adriano Doria, giovane imprenditore da copertina, si risveglia in una camera d’albergo al fianco del cadavere della sua amante, la fotografa Laura. L’accusa di omicidio di fronte all’evidenza è inevitabile. Lui continua a dichiararsi innocente. La nota penalista Virginia Ferrara ha con lui un lungo colloquio da cui emergono retroscena multipli e cangianti.

Lunga vita ai produttori, gli sceneggiatori e i registi nostrani che si sforzano di farci andare al cinema senza tirare in ballo gli immigrati o le periferie violente. Con Il testimone invisibile l’offerta prenatalizia si arricchisce di un giallo alla vecchia maniera, ricco di colpi di scena, girato con grande eleganza formale e pieno controllo degli ambienti, recitato bene nonché – dettaglio importante – in grado di contenere a un livello accettabile qualche inevitabile falla della sceneggiatura tratta, peraltro, dal buon thriller spagnolo Contratiempo distribuito in Italia l’anno scorso solo su Netflix. D’altra parte il cinquantenne toscano Mordini è un professionista duttile e non murato nell’identità dell’autore sprezzante del cinema di genere: considerando il grado di difficoltà presentato da un racconto tutto fondato su un intricato gioco di apparenze e un’overdose di dialoghi che attivano il continuo viavai tra passato e presente, si può dire che sia riuscito a ribadire il tratteggio raffinato ma mai pretestuoso utilizzato nel precedente Pericle il nero. Tutto succede in una serie di location del Trentino che stavolta non rispondono, deo gratias, alle esigenze della Film Commission locale bensì interagiscono strettamente non solo con la trama, ma addirittura con gli stati fisici e mentali dei personaggi: ne consegue che la suspense del supercollaudato dubbio sull’innocenza o la colpevolezza dell’accusato di turno si accentui proprio grazie alle scene sospese tra un albergo situato a 3200 metri e un bosco fitto e suggestivo che saggiamente s’alternano alle corpose parti claustrofobiche dello svolgimento.

Valerio Caprara, Il Mattino