Martedì 30 luglio – Tutte le mie notti

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Italia 2018
Regia
Manfredi Lucibello
Sceneggiatura
Manfredi Lucibello, Andrea Paolo Massara
con
Barbora Bobulova, Benedetta Porcaroli, Alessio Boni
Fotografia Gianluca Palma
Montaggio Paolo Cottignola
Scenografia Noemi Marchica
Costumi Margherita Zanobelli
Musica Yakamoto Kotzuga
Durata 81 minuti
Distribuzione 102 Distribution

Ospiti della serata
il regista Manfredi Lucibello, l’attrice Barbora Bobulova, i produttori Manetti Bros e Carlo Macchitella

Trama

Nelle strade deserte di una cittadina di mare, l’incontro in una notte autunnale tra la diciassettenne Sara, in fuga da un pericolo, e la quarantenne Veronica offre loro un’improvvisa e inimmaginabile occasione di cambiamento delle rispettive vite.
Dal groviglio fatto di segreti, bugie, paure, poco per volta emergeranno verità, prima che giunga l’alba.

L’esordio nel lungometraggio di finzione del fiorentino Manfredi Lucibello si muove nel segno del cinema di genere. Un esordio che, nato sotto l’egida dei fratelli Manetti (qui produttori) sfrutta l’unità di tempo e di luogo per imbastire un atipico ed essenziale thriller. Proprio l’essenzialità narrativa è la cifra stilistica principale del film che muove da uno spunto semplice, diremmo scarnificato, che chiama lo spettatore ad assistere a una vicenda in cui ha pochissimi punti di riferimento. Il film si giova di una struttura thriller che viene dipanata in un racconto – volutamente – immobilizzato, affidata ai dialoghi e al lento svelamento dei personaggi, a un “noir dell’anima” le cui conseguenze non risultano meno profonde e durature delle declinazioni più fisiche del genere. La sceneggiatura volge a proprio favore l’essenzialità del racconto, facendo scaturire la tensione dalle cangianti e ambigue interazioni tra le due donne, e utilizzando in chiave simbolica le luci, le ombre e gli spazi della villa che è teatro della storia. In questo senso, la regia accetta senza timore il rischio di scivolare nel formalismo, facendo frequente uso di filtri cromatici e specchi, alludendo a ciò che non viene mostrato tramite il rimando quasi onirico, suggerito indirettamente dal luogo che ne è stato testimone. Riflettendo anche, come nello specchio infranto che appare in una sequenza, una personalità “liquida” e in evoluzione come quella della protagonista; unitamente a quella, solo apparentemente più strutturata, della sua carceriera/compagna col volto di Barbora Bobulova.

Marco Minniti, www.quinlan.it