Mercoledi 17 agosto – Bella e perduta

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Regia Pietro Marcello

Sceneggiatura Maurizio Braucci, Pietro Marcello

Con Tommaso Cestrone, Sergio Vitolo, Gesuino Pittalis, Elio Germano

Fotografia Pietro Marcello, Salvatore Landi
Montaggio Sara Fgaier
Musica Marco Messina, Sacha Ricci
Suono Riccardo Spagnol

Durata 87’
Distribuzione Istituto Luce Cinecittà

– Ospiti della serata: Pietro Marcello

bella e perduta locandinaDal ventre dell’antico Vesuvio, Pulcinella, servo stolto e sempliciotto, viene incaricato di recarsi nella Campania di oggi per esaudire le ultime volontà di Tommaso, un semplice pastore: mettere in salvo un cicciolo di bufalo dal nome Sarchiapone. Nella Reggia di Carditello, residenza borbonica abbandonata a se stessa nel cuore della cosiddetta “terra dei fuochi”, delle cui spoglie Tommaso si prendeva cura, Pulcinella trova il piccolo bufalo e lo porta con sé verso nord. I due servi, uomo e animale, intraprendono a piedi un lungo viaggio in un’Italia, appunto, bella e perduta, alla fine del quale non ci sarà quel che speravano di trovare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Sin dalla coppia di aggettivi del titolo del film, lo spettatore viene avvolto da un’atmosfera profondamente antiromantica (dalle radici ottocentesche, si pensi a I fiori del male di Baudelaire), di disincanto e desolazione. L’abbondanza di toni scuri, la presenza intensa di interni bui, dove chi si muove lo fa in modo esperto, fanno completamente sentire a proprio agio i protagonisti delle storie di Bella e perduta: vicende di offese perpetuate, di indifferenza devastante, di appropriazione indebita di vite altrui come di luoghi universali. Ed è tutto già scritto, déjà vu, in un silenzio che accompagna lo scorrere inerte del tempo non vissuto di chi alberga certe terre, fra il disteso ruminare animale e il fissare umano con occhi aggraziati il paesaggio snaturato da quello che resta della civiltà. Tutto è già limpidamente segnato sui volti delle bestie come su quello di Tommaso, l’angelo di Carditello; tutti sfigurati da un destino che non fa mancare il suo fiato sul collo per ricordare, di continuo, il preavviso della fine lenta emesso dal sottosuolo. E rimangono impressi i close-up, quasi surreali, come se girati sulla luna, di Tommaso mentre quotidianamente visita gli interni della Reggia di Carditello ad ammirare, con sempre rinnovata meraviglia infante, quello che rimane degli affreschi alle pareti raffiguranti scene armoniose, per lo più, bucoliche di una bellezza andata, ma che invece egli sente tutta dentro, contemporanea, e che gli tiene libero il cuore. Ciò nonostante, v’è immediatamente qualcosa che di norma lo fa tornare coi piedi per terra dove s’imbatte in ciò che si ripete: per un neonato bufalo maschio (inutile da allevare, perché poco produttivo), preso e allontanato da mani che sanno solo eseguire mansioni come annodare corde, neanche il tempo di uscire dal ventre materno e di alimentarsi alle mammelle natali, la vita è subito abbandono. Tuttavia, come per magia, diventa Sarchiapone (personaggio che risale al ‘600 e già presente nel noto Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile) e incontra il suo omologo tra gli uomini, Pulcinella, anche lui servo di chi gli è padrone.

Domenico Spinosa, Segnocinema