Mercoledì 24 agosto – Banat – Il viaggio

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Regia Adriano Valerio

Sceneggiatura Adriano Valerio, Ezio Abbate

Con Edoardo Gabbriellini, Elena Radonicich, Stefan Velniciuc, Piera Degli Esposti

Fotografia Jonathan Ricquebourg
Montaggio Catalin Cristutiu
Scenografia Adrian Cristea, Maria Teresa Padula
Costumi Sabrina Beretta, Angela Tomasicchio
Musica Assen Avramov
Suono Pierre Yves Lavoué

Durata 84’
Distribuzione Movimento Film

– Ospiti della serata: Adriano Valerio e/o attori del cast

banat locandinaIvo e Clara vivono a Bari. Ivo è agronomo, ed ha appena accettato un’offerta di lavoro in Romania. Clara esce da una difficile storia d’amore. S’incontrano per caso nell’appartamento dell’eccentrica signora Nitti: lui è affittuario uscente, lei la nuova inquilina. E si riconoscono all’istante, entrambi sospesi tra una vita che finisce e una nuova che comincia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Avevamo lasciato l’orizzonte piatto della pianura ungherese nel film di Carlo Mazzacurati Il Toro (1994) il e ritroviamo un altro orizzonte apparentemente desolato, la campagna romena di Banat, l’esordio italiano di Adriano Valerio che presenta quest’anno la Settimana della Critica. Non è casuale l’accostamento tra i due film, perché Mazzacurati raccontava i primi imprenditori cominciavano soprattutto dal nordest a esplorare le terre fuori dai confini fiutando gli affari, ed ora con il film di Valerio possiamo fare un bilancio dei cambiamenti che hanno trasformato l’economia del nostro paese. Non si tratta più di faccendieri senza scrupoli, ma di un giovane laureato, Ivo (Edoardo Gabbriellini), un agronomo provvisoriamente occupato in lavori occasionali che accetta una proposta di lavoro da Bucarest che richiede proprio la sua specializzazione, un impiego impossibile da trovare in Italia. In questi spazi apparentemente così deserti si muovono come fantasmi i riflessi di tanti film classici (in questo caso i “western” di Dan Pita per non arrivare ai contemporanei), ma si deve cancellare quel riferimento, togliere ogni altra curiosità sul luogo che non sia la problematica realtà del protagonista. Se la situazione in Italia è difficile, scoprirà che lo è altrettanto in Romania, le aziende agricole rischiano anche lì il tracollo. Il rifiuto di ogni organizzazione cooperativa, dopo la caduta del comunismo ha portato a un individualismo che non aiuta a risolvere casi di emergenza. Anche nell’azienda dove si è trasferito gli stipendi non sono stati pagati da mesi. Il senso di spaesamento che dà il film proviene dalla stessa situazione in cui si trova il protagonista (e un’intera generazione di trentenni), la sua immagine riflessa è quel paesaggio, le abitazioni viste da lontano, gli stessi alberi di mele minacciati da gelate che non possono essere evitate perché mancano i soldi per comprare l’antigelo.

Silvana Silvestri, il Manifesto