Giovedì 28 luglio – Corpo Celeste

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regia di Alice Rohrwacher

con Anita Caprioli, Renato Carpentieri

Ospite della serata: Alice Rohrwacher

 

 

Marta ha tredici anni e, dopo averne passati dieci con la famiglia in Svizzera, è tornata a vivere a Reggio Calabria, la città dov’è nata. Subito si confronta con un mondo sconosciuto diviso tra ansia di consumismo moderno e resti arcaici. Inizia, così, a frequentare il corso di preparazione alla cresima, cercando nella parrocchia le risposte alla sua inquietudine. Incontra don Mario, prete indaffarato e distante che amministra la chiesa come una piccola azienda, e la catechista Santa, una signora un po’ buffa che guiderà i ragazzi verso la confermazione. Ma capirà presto che deve cercare altrove la sua strada…

 

(…) Corpo celeste è, a memoria non solo mia, il più bellesordio cinematografico di una regista italiana. (…) la Rohrwacher filma con un pudore pari alla maturità dello stile, con una macchina da presa molto mobile ma mai gratuitamente ondivaga e che scegliendo con istinto sicuro quello che è veramente importante da inquadrare obbliga lo spettatore a prendere una posizione di fronte alle cose. Come fanno gli occhi di Marta e come dovrebbe fare sempre il cinema.

Paolo Mereghetti, Il Corriere della Sera

Colpisce nel segno l’esordiente 28enne Alice Rohrwacher, disincantata osservatrice del Malpaese, dove sacro e profano si mescolano in un tripudio di incoscienze e di buona volontà. Un film dallo sguardo maturo, di bellezza cristallina, da ammirare e ricordare. Applaudita alla Quinzaine des réalisateurs del recente Cannes, dove era l’unica italiana in selezione.”

  Anna Maria Pasetti, ‘Il Fatto Quotidiano’, 26 maggio 2011

Ecco la Rohrwacher bis, la neoregista Alice, sorella dell’affermata Alba. Il talento c’è, la voglia di provocare anche. Chissà i cattolici oltranzisti: ‘Habemus Papam’ era una sinfonia ecclesiale di fronte alla furia anticlericale di ‘Corpo Celeste’. Merito, o colpa, di un prete di provincia, siamo a Reggio Calabria, più trafficone di un boss e di una catechista teledipendente. Un plauso alla giovanissima protagonista: Yle Vianello è sublime nel ruolo dell’emigrata tredicenne piombata dalla Svizzera come un’aliena nel bigottismo e nella piccineria del profondo Sud.”

  Massimo Bertarelli, ‘Il Giornale’, 27 maggio 2011