Mercoledì 3 agosto – Et in terra pax

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regia di Daniele Coluccini e Matteo Botruglio

– Ospiti della serata: Daniele Coluccini, Matteo Botruglio

 

 

Un’estrema periferia romana fa da sfondo a tre storie di droga e criminalità. Marco cerca di rifarsi una vita dopo cinque anni di carcere per spaccio. Tuttavia, lasciato solo dalla famiglia, si lascia convincere dai suoi ex compari a riprendere il traffico di droga. Dalla panchina di un piccolo parco, luogo della sua attività, Marco ha la possibilità di osservare le vite degli altri ma anche di riflettere su se stesso. Sonia è una studentessa universitaria che per mantenersi gli studi lavora in una bisca. Il suo tentativo di rendersi indipendente economicamente viene però reso inutile dalla dura realtà che la circonda. Faustino, Massimo e Federico sono tre amici diversi tra loro ma legati in un modo così forte da sembrare invulnerabili. Tutti e tre si troveranno coinvolti in una serie di eventi collegati che metteranno a dura prova la loro amicizia e le loro esistenze. Tutti i vari protagonisti si incroceranno tra loro, ma l’incontro sfocerà in una scia di fuoco, sangue e violenza.

 

Storie di una periferia piena di droga, zingari e immigrati (…), disadattamento organico che il bel documento di due 30enni, Botrugno e Coluccini, s’incarica di rilevare come fenomeno senza indagini, pur nel manierismo di un cinema povero ma che insegue vite parallele di borgata, l’infelicità senza desideri (ottimo cast). Riferimento a Pasolini: lui metteva Bach tra gli accattoni mentre qui c’è, nel contrasto Terra/Cielo alla Malick, Vivaldi.”

  Maurizio Porro, ‘Il Corriere della Sera’, 27 maggio 2011

In questi casi generalmente si dice: un felice esordio, una sorpresa, un nome da tenere d’occhio. Ma stavolta non sono solo formule. Intanto per l’aspetto produttivo del tutto autarchico – forza lavoro in cambio della condivisione degli utili, più una società nata ad hoc e il supporto finanziario di Gianluca Arcopinto -, ma soprattutto per il suo sguardo ‘sensibile’ sulla periferia romana, avvicinata senza ‘pregiudizi’ o tanto meno intenti ‘sociologici’. (…)

Gabriella Gallozzi, ‘L’Unità’, 7/9/2010

Spiacerà a chi pensava che le tristi storie del sottoproletariato romano fossero uscite dallo schermo con l’uscita (dalla periferia romana) di Pasolini. E invece si ritrova degli allievi pasoliniani che a 40 anni di distanza ne seguono sciaguratamente le tracce.”

  Giorgio Carbone, ‘Libero’, 27 maggio 2011