Martedì 1 agosto – Falchi

falchi

regia Toni D’Angelo

con Fortunato Cerlino, Michele Riondino, Xiaoya Ma, Aniello Arena, Pippo Delbono

Sceneggiatura Toni D’Angelo, Marcello Olivieri, Giorgio Caruso
Fotografia Rocco Marra
Montaggio Marco Spoletini
Scenografia Carmine Guarino
Costumi Olivia Bellini
Musica Nino D’Angelo
Durata 111 minuti
Distribuzione Koch Media

 

– Ospiti della serata: Toni D’Angelo, Michele Riondino

Falchi locPeppe e Francesco sono due “falchi”, due poliziotti della sezione speciale della Squadra mobile di Napoli: girano per i vicoli della città in moto e in borghese, dando la caccia alla piccola e grande criminalità che comprende non solo la tradizionale camorra, ma anche le nuove mafie di importazione, come quella cinese. Ma sono anche uomini che possono fallire.

 

 

 

 

 

 

 

 

È un film buio e notturno, sia in senso fisico che metaforico, il terzo lungometraggio di Toni D’Angelo, interessante sceneggiatore e regista napoletano, figlio della star della musica e del cinema popolare Nino D’Angelo, autore della bella colonna sonora. Falchi, dichiaratamente un poliziesco urbano, somiglia più a un noir per l’ambientazione in gran parte notturna, ma soprattutto per la storia, incentrata sull’interiorità di personaggi che non parlano molto ma sono determinati dalle loro azioni, chiusi in se stessi e nel loro dolore, amici ma sconosciuti l’uno all’altro come a loro stessi. È un film che richiama alla mente molti e disparati modelli: Olivier Marchal, John Woo e Johnny To, Wong kar-wai e Abel Ferrara.
Più che di citazionismo, però, sembra trattarsi della rielaborazione personale e a volte inconsapevole di uno spettatore appassionato del genere di cui si è nutrito e che ha i nostri stessi riferimenti. Di fatto, non ne esce un’opera passivamente derivativa, ma uno sguardo originale su una realtà tante volte raccontata al cinema e in tv. D’Angelo si tiene giustamente lontano dalle mitragliate di parole e azioni feroci al cui interno vivono i protagonisti di Gomorra: i suoi falchi parlano poco e sembrano, più di altri loro colleghi, condannati a un limbo a metà tra legge e crimine, come i poliziotti raccontati con maestria dal cinema di William Friedkin. È affascinante lo stile scelto dal regista, che ci fa seguire i personaggi nelle loro folli corse per poi distaccarsene e allontanarsi da loro, a volo d’uccello sulla città, che diventa un intrico geometrico di strade, piazze e vicoli affacciato sul porto, dove la presenza umana scompare.

Daniela Catelli www.comingsoon.it