Sabato 5 agosto – Blow-up

blow up

regia Michelangelo Antonioni
con David Hemmings, Vanessa Redgrave, Sarah Miles, Jane Birkin

VERSIONE RESTAURATA DALLA CINETECA DI BOLOGNA

Gran Bretagna 1966
Sceneggiatura Michelangelo Antonioni
Fotografia Carlo Di Palma
Montaggio Frank Clarke
Scenografia Assheton Gorton
Costumi Jocelyn Rickards
Musica Herbie Hancock
Durata 111 minuti

blow up poster

A Londra Thomas, un giovane e affermato fotografo, durante uno dei suoi giri in un parco scatta alcune foto a una coppia di amanti. La donna, preoccupata, lo insegue per farsi restituire il rullino. Nel suo studio, gli si offre pur di recuperare le immagini. Grazie a progressivi ingrandimenti Thomas scopre che dietro le apparenze si annida qualcos’altro, motivo in più per indagare.

 

 

 

 

 

 

 

 

Tratto da un racconto di Julio Cortázar, si tratta di uno dei film più conosciuti di Michelangelo Antonioni, e di quello più apprezzato all’estero. Vincitore del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes del 1967, Blow-up appare come la quintessenza del cinema di questo regista. I temi fondamentali della sua opera, infatti, vengono puntualmente esaltati e sviluppati attraverso elementi narrativi o poetici di grande profondità. Il film, girato interamente a Londra, offre un’interpretazione figurativa delle novità provenienti dalla capitale britannica: la swinging London, le mode giovanili, la musica e la contestazione servono ad Antonioni per ambientare con precisione e perizia una “avventura dello sguardo” all’interno della civiltà contemporanea. Sembra, cioè, che al regista interessi sperimentare la tenuta dei temi a lui cari – a cominciare da quello dell’impossibilità per l’uomo e l’artista (fotografi, registi, reporter) di comprendere il mondo – dentro nuovi scenari della modernizzazione. In Thomas, il protagonista, Antonioni indica la fallacia dello sguardo dell’uomo di fronte a una realtà inconoscibile. E il fatto che Thomas sia un artista aggrava la sensazione di impotenza dell’occhio e della razionalità. La fotografia che man mano viene ingrandita – attraverso progressivi blow-ups, appunto – svela nuovi particolari, inquietanti, dolorosi. Eppure, nulla ottiene una vera spiegazione, l’investigazione di Thomas si arena nel vuoto, e – in uno dei finali più famosi del cinema d’autore – egli finisce col mimare una partita a tennis senza racchette o palline. Segno dell’avvenuta sostituzione della realtà da parte della rappresentazione, in un mondo in cui l’oggettività fotografica scopre la nostra debolezza, senza al contempo garantire la comprensione della vita che ci circonda.

Roy Menarini, Enciclopedia del cinema Treccani